Innalzamento livello del Mediterraneo

Il livello del Mediterraneo negli ultimi 1000 anni si è innalzato di circa 30 centimetri ma nei prossimi 100 anni gli esperti prevedono un aumento più che triplicato. La ricerca, per conto del gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite,  è stata coordinata dall'Enea. Nei prossimi 100 anni si registrerebbe dunque una chiara accelerazione del processo di innalzamento del livello dei mari, dovuto ai cambiamenti climatici in atto, in particolare l'aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera (un livello mai toccato prima di ora). In 1000 anni il livello del Mar Mediterraneo era aumentato da un minimo di 6 ad un massimo di 33 centimetri, un livello inferiore del 65 percento rispetto alle nuove proiezioni che stimano un innalzamento tra i 60 ed i 95 cm entro il 2100.  Le variazioni del livello del Mediterraneo sono state misurate attraverso 13 siti archeologici dislocati nelle varie coste di Spagna, Francia, Israele, Grecia ed Italia, nei luoghi dove venivano estratte le mole olearie, grandi pietre utilizzate per la macinazione delle olive. L'innalzamento più elevato è stato registrato sul golfo Saronico vicino ad Atene mentre il livello più basso a Maiorca. Italia è stato misurato un innalzamento di circa 15 cm nel corso degli ultimi 1000 anni con campionamenti effettuati a Punta Penne (Brindisi), Otranto, Torre Santa Sabina e Scario (Salerno). Secondo Fabrizio Antonioli del Laboratorio Modellistica Climatica e Impatti dell'Enea, in Italia sono ben 33 le aree a rischio per l'aumento del livello del mare e che potrebbero essere sommerse e le loro coste inghiottite. Quelle più estese si trovano sulla costa settentrionale del mar Adriatico tra Ravenna e Trieste, altre aree in pericolo sono l'area costiera di Catania, Cagliari, Oristano, la Versilia, Fiumicino, le piane Pontina di Fondi, del Vorturno, del Sele. Secondo Antonioli un ulteriore innalzamento rispetto alle previsioni è ormai certo e l'unica cosa che si può fare è quella di costruire dighe e idrovore con una serie di provvedimenti per scongiurare gli allagamenti. L'Italia, alla fine del secolo, potrebbe diventare una penisola con 5500 chilometri quadrati di pianure costiere completamente sommersi. Nell'area del Nord Atlantico, sotto a Venezia, un'area che supera i 30 chilometri potrebbe essere sommersa dall'acqua. Proprio l'area tra Venezia e Trieste è tra quelle più a rischio: già oggi sono diversi i chilometri quadrati sotto il livello del mare senza dimenticare il fatto che a Venezia si verificano abbassamenti tettonici che quasi raddoppiano l'effetto dello scioglimento dei ghiacci. Le nostre coste spesso sono piatte, con sedimenti fini e senza dune a fare da schermo a questo aumento del livello dell'acqua marina.

In mancanza di una riduzione globale dei gas a effetto serra, le principali città costiere italiane ed europee pagheranno un conto salato. Secondo uno studio di Climate Change, nel giro dei prossimi 200 anni Venezia, Pisa, Napoli, Fiumicino e parte della Pianura padana potrebbero essere sommerse dall'acqua. L'aumento della temperatura globale di 4 gradi rispetto ai livelli preindustriali comporterà l'innalzamento di nove metri del livello dei mari. Scenari apocalittici che riscriverebbero anche i rapporti geopolitici con confini, territori e rapporti di forza completamente modificati. Per questo è urgente ridare importanza al tema della protezione dell’ambiente. Dobbiamo agire adesso, non solo per le generazioni di un futuro da molti immaginato lontanissimo, ma anche per i nostri nipoti. L’acqua potabile sarà una delle prime vittime dell’innalzamento del livello dei mari. Incrementi anche modesti, quelli che potrebbero vedere i nostri nipoti appunto, comporterebbero l’inquinamento delle falde acquifere costiere, facendo venir meno grandi quantità di acqua per il consumo umano. In combinazione con la crescente siccità il nostro futuro prossimo è gia a rischio. Ecco perché gli accordi di Parigi sono importanti per tutti noi, italiani in testa. Ecco perché la politica, quella alta, dovrebbe rimettere l’ambiente ai primi posti dell’agenda dei prossimi Governi.






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